23 novembre 2015

Sassolino..

Sono sempre stata politically correct nei confronti di chi non ha figli. Per mille milioni di motivi.

Primo e più importante non sempre è una scelta, e per chi non è una scelta anche l’ironia può giungere davvero fuori luogo. 

Secondo fino a 2 anni fa ero esattamente dall’altra parte del mondo. Ero un NON genitore.
Eccheppalle parlare sempre e solo di bambini. Pranzare alle 11.45. Cenare alle 18. Che se lo fanno gli inglesi è figo. Cool anzi. Se lo fai tu perché tuo figlio ha degli orari, è CoolCazCheTiVengoIncontro. Evabbè.

Terzo ed ultimo motivo, odio-detesto-ripugno chi ti dice a mo’ di grillo parlante “vedrai”.. “capirai”.. “ti accorgerai”.. “goditila adesso”.. e variazioni sul tema. Che ognuno ha la propria vita e le proprie esperienze e a me di insegnare agli altri non pare proprio il caso. 

Insegnare.. NO. Ma pregare di credermi, credermi su quella che è la vita da genitore.. quello sì. Forse a te non capiterà. Forse tuo figlio cenerà alle 23 al pub mentre sorseggi con calma una birra gelida chiacchierando tra amici. Può darsi. Te lo auguro.
Ma il mio NO cristoforocolombo. E sarà mo’ anche colpa mia ma non mi è permesso stare a cena sorridente e tranquilla a chiacchierare fra amici alle 23, perché lo Spapu rivendica il diritto di essere nel suo lettuccio a quell’ora o pianifica la terza guerra mondiale per passare il tempo.

Quindi io NON ti dico.. “sarà così anche per te”.. ma ti dico che E’ COSì PER ME. Questo, ti prego, evita di metterlo in discussione.

Un sassolino dalla scarpa adesso però me lo devo togliere.
Che a far poi sempre l’anima pia anche no.
Che non lo sono. E so che non lo siete nemmeno voi. E sapete che non lo sono. E io so che non lo siete.

Dopo che hai figli certi amici spariscono.
Puff. Tipo il coniglio nel cappello del mago. 

Io posso capire che con le occhiaie e la maglietta sporca di rigurgito io possa non essere l’anima della festa. Così come posso capire che non dovete voi stare ai miei orari che ormai le suorine dall’addolorata vanno a letto più tardi di me.
Posso anche capire che dopo la gravidanza nella cumpa degli amici Fighi più che un filtro Instagram mi servirebbe un miracolo.
Posso capire che, avendo allattato per 18 mesi  ho fatto imbarazzanti aperitivi analcolici che nemmeno le suore di cui sopra sono così noiose. Mi rendo perfettamente conto che parlare della cacca di mio figlio e della sua prima frase di senso compiuto non è minimamente paragonabile al vernissage a cui siete andati lo scorso weekend o alla mostra di arte contemporanea. Ma per una mamma gli appuntamenti mondani sono quelli. Io ascolterò il vernissage di cui nulla mi frega, voi ascoltate le prime tre parole di spapu. Ecchediamine.

So bene che se prima con 10 minuti di preavviso arrivavo ovunque…. ora ho bisogno di sapere quando ci vedremo, cosa faremo, e dove andremo con 10 settimane di anticipo, e comunque potrei darvi buca.. se anche solo il piccolo ha il raffreddore.

Posso capire. Io posso capire Voi. Vi posso capire perché dalla vostra parte ci sono stata.. 
Ma voi dalla mia no. Ancora no. Quindi abbiate il buon cuore di non giudicare.
Di non guardare con occhio malevolo un messaggio che vi implora di venire voi da noi (sì, per la terza volta, per favore, venite voi da noi!)
Di non alzare gli occhi al cielo se vi dico che “lasciare a casa lo spapu mi dispiace.. per cui non posso stare molto”.. sì lo so’ che non gli succede niente, sì lo so’ che sta pure meglio. Sì, forse mi fa bene uscire da sola... O forse a dire il vero è a voi che FA BENE?
Abbiate l’intelligenza di evitare di dire “ma io ho un sacco di amiche mamme che continuano ad uscire il venerdì sera, vanno in disco.. guarda la Genoveffa è andata all’addio al nubilato ad Ibiza che la bimba aveva 2 settimane.. e tu.. sei sempre attaccata a lui… forse hai bisogno di staccarti un po’..”  Staccare? Son mica uno scotch. Il problema scusa di chi è? Io sono felice così. Tu libera di frequentare la Genoveffa che va ad Ibiza. Amen. 

Ed infine, il sassolino.
“Anna, avere un bimbo non è una malattia.”… Mi è stato addirittura detto questo.
Partendo dal presupposto che se tu dopo il parto mi porti una torta e mi vieni a trovare a casa permettendomi di restare in pigiama io ti vorrò bene per sempre.
E partendo dal presupposto che NON si cresce in altezza ma, per quanto mi riguarda, si vincono un sacco di centimetri nel punto vita. Quindi dai, un po’ di cose pure ci somigliano ad una bella influenza.

Partendo da questi presupposti, ovviamente ironici, sì.. avere un figlio non è una malattia. Confermo.
Ma sappiate che, da come mi evitate, dovreste dirlo a voi stessi, non a me. Che avere un figlio non è una malattia.

Avere un figlio è una gioia infinita.
E’ una scarica di energie, nelle vene, nel cuore, nella mente.
Obnubila. Pretende. Mescola le priorità.

E ti fa capire una cosa sostanziale: l’affetto è una scelta. L’amore no.

Se quella scelta non avete più voglia di farla nei miei confronti me ne farò una ragione.
L’amore per mio figlio.. non si mette in discussione.
E ogni sera, lo addormenterò con un bacio sulla sua guancia morbidosa e con le sue braccine attorno a me, e voi sarete liberi di pensare che a sbagliare sono io. E che dovrei essere ad Ibiza.


Senza rancore. Andateci voi.