21 novembre 2019

Stica**i.


Non sono una persona ansiosa.
Affatto.
Amo parlare con le persone al telefono, incontrare gente che non conosco.
Parlo con tutti, piacevolmente. Sono una che non si responsabilizza. Che è tranquilla e serena.
Che dormo sonni tranquilli se qualcosa mi preoccupa. Riesco a farmi scivolare le situazioni critiche. Non somatizzo qualsiasi preoccupazione con rischio di infarto. 

Tuttoapposto gente sto bene.

Sticazzi.

Voi ditemi cosa diavolo mi ha detto il cervello quando ho deciso di propormi a rappresentante di classe?
Cosa vuoi mai che sia, mi dicevo, qualche domanda dei genitori, qualche lamentela da gestire, qualche raccolta soldi, festa fine anno, due chiacchiere di qui, quattro chiacchiere di là. Due riunioni.
Ma sì dai cosa vuoi che sia. Sarà divertente.

Sticazzi.

La scuola materna di mio figlio era la famiglia Cuore.
Bambini meravigliosi. Genitori meravigliosi. Maestre meravigliose.
Feste di compleanno tutti insieme tra birra ed armonia, come un’unica grande famiglia che sembravamo il video di We are the World di Michael Jackson.

Poi la materna finisce e la vita vera inizia. La vita vera nel Bronx. Tipo.

Mi spiego meglio.
Iniziano le elementari. Nella classe di mio figlio è guerriglia urbana.
Forbici che volano dalla finestra, ring di wrestling tutti contro tutti.
FightClub spostati proprio. Qui serve Chuck Norris come insegnante e Ivan Drago come bidello.
Probabilmente serve anche la Maga Circe come Rappresentante di Classe e invece ci sono io.
Con i miei 158 centimetri di..Sticazzi.

Vorrei portare ad evidenza la mia rinomata e inconfutabile esperienza di criticità durante la scuola elementare.

Sì. Fatemici pensare.

Ho fatto una scuola privata. Femminile. Cattolica.
In classe eravamo in 7. In 7!! In una villa stupenda vicino ai Giardini Margherita.
Avevamo la divisa griffata e la mensa la preparava Tamburini. 
La retta mensile era tipo il PIL dell'Uruguay.
Aggiungeteci uccellini che cantano sugli alberi al suono di “impara a fischiettar” della Disney e il quadro è fatto. Vi dico solo che da bimbetta parlavo con una lapide intitolata a Clelia Barbieri nel cortile della scuola, mi pareva la più sovversiva, quella lapide.

Ne so a pacchi di problemi alle scuole elementari.. fatemici pensare, probabilmente in classe mia la bulletta ero io. Venni ripresa pesantemente e messa in punizione per aver detto chissenefrega ad una compagna di classe. E con questo ho detto tutto sulle mie esperienze conclamate nelle carceri minorili.

Così bella gente, sto passando le mie giornate a scrivere lettere.
Mandare messaggi. Placare animi. Condividere frustrazione. Redigere comunicati. Scrivere e correggere comunicati di pace che Putin e la guerra fredda sono acqua fresca in confronto.
Parlare con maestre, mamme, papà, genitori, figli ed anche bidelli. All’occorrenza.

Con mio figlio che mi si sveglia alle 6 del mattino della domenica urlando nudo per casa “su di noi.. nemmeno una nuvolaaaaaa.. su di noi la notte è una favolaaaaaa” che giuro non pensavo di aver messo al mondo Pupo in versione millennials.

Con il mio gatto che è all’ospedale da una settimana e chi non ha animali in casa si astenga da provare a capire quanto possa essere penosa l’attesa di sapere se il nostro micio sarà in grado di fare pipì da solo nuovamente o lo dovrò inseguire per sempre nel cortile con lo spremi-vescica.

Con il lavoro che la più grande soddisfazione che mi ha dato ultimamente è la tripla vittoria a biliardino in pausa pranzo. E con questo ho detto tutto.

Con Fede che alle 9 fa la puntura di Muscoril e alle 9.10 va a Crossfit. Che la lapide della Clelia Barbieri gliela darei in testa.

E così, bella gente, io chiedo a Babbo Natale un po’ di serenità.
Per tutti. E valium, che se vado avanti così manco ci arrivo a Natale.

Che da St.Claus a Sticazzi è un attimo.