30 maggio 2018

MIAO-SOCHISMO


Tu sei lì che cerchi di dormire. Buio. Notte.
Qualche rumore di foglie nella campagna illuminata solo dalla luna. Il vento che fa frusciare gli alberi di ciliegio carichi di frutta rossa e matura. Una cicala in lontananza. Una macchina che accelera sulla bazzanese laggiù in fondo alla via, attutita dal silenzio della campagna. Una luce di un lampione che trapela dalla finestra socchiusa. Tu con gli occhi che si stanno socchiudendo mentre Adam (in TV) si sta mangiando quello che sembra il panino più buono e più grasso di sempre nella sua lotta di Man Versus Food sul canale 33. Il piccolo cucciolo d’uomo che ronfa accanto a te, con le manine cicciottelle, appiccicose e irrimediabilmente sporchine (anche se gliele ho sgurate mezz’ora – sì giuro – prima che chiamiate i servizi sociali). Eccolo il sonno che arriva. I sogni belli. La quiete dopo una giornata di lavoro e di faccende domestiche e famigliari. Quel momento di serenità infinita in cui affondi le mani sotto la morbidezza del cuscino, accarezzi le lenzuola fresche con i piedi nudi e pensi che finalmente un buon sonno ristoratore attende il tuo corpo.

Ecco. Ci siete fino a qui? Avete presente quel momento? Quell’attimo? Quell’unico momento della giornata che vi riposate? Che finalmente vi abbandonate alla quiete che precede il meritato sonno?
Ecco. Io ho deciso di prendere un gatto. Un cucciolo di gatto di un mese e mezzo. Nero come il carbone. Con gli occhi verdi come gli smeraldi grezzi. Completamente fuori di testa.
Quindi rivediamo un attimo la suddetta situazione.

Tu sei lì che cerchi di dormire. Buio. Notte.
Qualche rumore .. sempre più incalzante, lui il piccolo nuovo di casa sale le scale di quattro in quattro come fosse una lepre in preda alla sindrome del bianconiglio. Poi si sfionda sul letto. O almeno ci prova perché è lungo (o dovrei dire corto) circa 20 cm per cui deve saltare dieci volte prima di raggiungere il materasso alla vertiginosa altezza di circa 50 cm, e ad ogni tentativo lo senti provare ad aggrapparsi con quelle unghiette affilatissime che Miracle Blade può solo accompagnare e già pensi a quanti vestiti dovrai rinunciare per ricomprare il letto completamente distrutto dal gattino che hai voluto TU.  Poi arriva sul letto, e nell’ordine salta Paride con un balzo, ma una zampina gli resta impigliata nelle coperte e strabuzza sulla testa del piccolo cucciolo d’uomo dormiente miagolando come un forsennato in una piroetta aerea che Yuri Chechi spostati. Ed ecco che i rumori diventano sia lui che smiagola che il cucciolo d’uomo che gnola per essere stato svegliato. Poi finalmente prende bene le misure, e salta a piedi pari su di te. Con entrambe le zampe anteriori tipo batterista di un concerto punk-rock sotto acido. Cercando di capire se le unghiette le può usare o meno in questi suoi tentativi di caccia-grossa-nella-savana-visto-che-credo-di-essere-una-pantera-nera. Si allena a fare Baghera la piccola belva, con le mie mani, le mie gambe, i miei piedi, e l’avambraccio come prede.. avete presente quella parte di braccio liscia, morbida, soffice.. quella dove manco i peli ci crescono tanto è delicata. Ecco. 5 unghiette come spilli conficcate nella carne. Con il pelo più morbido di sempre, e con la cattiveria più terribile di sempre. E se lo allontani miagola così. Maomaomaomaomaomaomaomaomaomao(all’infinito). Che sembra Fedez in preda ad una canzone d’amore per la Ferragni. Stessa piacevole melodia. Stesso ritmo incalzante. Stessa simpatica cantilena. Stesso sentimento scaturito nell’ascoltatore “diotipregosmetti”.
Maomaomaomaomaomaomaomaomaomao (all’infinito) in crescendo. Ok. Ok. Entra.
Ed eccolo ripartire l’allenamento modi cross-fit della piccola pantera nera che tenta di compiere l’agguato del secolo, con tanto di culetto all’insù e testa maldestramente mimetizzata tra le lenzuola BIANCHE. Sei nero tu. Ti vedo. Un balzo ed ecco nuovamente 5 unghiette conficcate nella caviglia che lui pensa siano una gazzella in sud africa. Maledizione. Io non dormo, non dormirò mai più.

A paride stamattina ho detto “è fuori di testa Mazinga”… e lui con quella saggezza serafica che può avere solo un bambino cresciuto a pane ed ironia mi ha risposto “mamma, lo abbiamo chiamato Mazinga, lui prova a lanciare i raggi fotonici..”

Niente. Hanno ragione loro.
Io mi chiedo che diamine mi è passato nell’anticamera del cervello quando ho deciso di prendere un piccolo cucciolo di pantera. A cui abbiamo per lo più dato il nome del più forte robot di tutti i tempi.
Quando in casa già avevo un piccolo cucciolo d’uomo, con il nome del più temibile personaggio epico. E già ne avevo avuto la prova, che il nome CONTA.

Biscottino lo dovevo chiamare. O Fufi. Maledizione.
Ma niente, gente, ben mi sta. Quando si suol dire “non imparare dai propri errori”. Un figlio di nome Paride e un gatto di nome Mazinga. Cosa pensavo davvero? di ascoltare i grilli la sera nella quiete che precede il sonno?

Poi però li ritrovi così... e il tuo cuore si trasforma in un attimo in un patè-di-pollo-e-tacchino-in-gelatina.


10 maggio 2018

Psycho.


Parliamo per una volta di cose serie. Per quanto mi è possibile, tra una sopracciglia tirata su e l’altra ad odiare mezzo mondo. E l’altro solo un po’ meno. Figlio escluso. Che quello core-de-mamma è luce. Con la L grande. Luce. Nel senso che sta sempre acceso a rompe-er cazzo. No. Dai. Scheeeerzo. ZSCUUUUSAAAAA (Cit.)

Torniamo alle cose serie.

Nella mia vita ho sempre pensato e creduto che dalla psicologa ci vanno i matti. O quelli che non hanno amici che li ascoltano, perché alla fine di parlare si tratta. Di te. E gli amici a cosa servono se non a quello no? E allora se tu non hai amici, hai bisogno di pagare uno per ascoltarti. Che pena. Che tristezza. Che solitudine infinita. Ovviamente si parla di psicologi girl-friendly. Di quelli che devono supportare nelle turbe pre-post-adolescenza ragazze "normali" in costante crisi ormonali di varia tipologia.... Robe tranquille. Non di quelle robe serie e terribili per cui devi prendere calmanti altrimenti ti ritrovano in una vasca da bagno vestito a guardare la D’Urso. Che vabbè, quelle sono patologie e non mancanza di amici. E allora meglio pagare e guarire in fretta.

Dallo psicologo ci vai se non hai amici o sei matto matto, pensavo. Tipo matto che devi chiudere e riaprire la porta di casa 7 volte o multipli di 7. Che devi fare il segno della croce 2 volte e mezza se ti attraversa la strada un gatto nero a marzo, negli anni bisesti.  Tipo che se metti il piedi destro a terra prima del sinistro chiami e ti metti in malattia perché l’oroscopo di Fox ha detto che è segno di una svolta terribile del toro in cuspide con plutone ed uranio. Che quello poi si è anche impoverito. Vedi la sfiga?!

Dallo psicologo ci vanno i matti. Quelli che vedono la gente morta. Si sentono seguiti. Parlano con gli alberi. Non mangiano carne. Tipo quelli lì.. tipo i vegani ecco giusto per capire una tipologia. Ma la gente normale dalla psicologa non ci va. Poveretti. Che vergogna. E’ riprovevole, ci vanno i matti. Della serie ne avete mai visti di Selfie con il becco d’oca fuori dalla psicologa con scritto “new look-inside” #sonomatta #segretoprofessionale #hofattoloshatushalmiopassato. ??? Nah.. non credo. Instagram è psicologi-free.

Poi, in realtà, per cose che non vi starò qui a raccontare ma che hanno a che fare con la formazione personale suggerita dall’azienda e che, pur di non fare risatine isteriche a comando, ci vado tutti i giorni dallo psicologo.. ecco robe così, ho pensato che fare qualcosa per la mia introspezione personale non fosse poi del tutto male. Visto che appunto odio tutti. Spesso. E talvolta anche me stessa. E così mi sono detta perché non provare. Un’amica che ho particolarmente a cuore un giorno mi ha detto che “andare dalla psicologa è il miglior regalo che puoi fare a te stessa”. Mi ha convinto. In un secondo. E ho detto.. dai una volta voglio provare.

E così ti ritrovi seduta a parlare di quanto avevi 12 anni e l’amica della sorella ti ha distrutto i sogni di bambina con una frase buttata lì. Ti ritrovi a capire che hai l’ansia, i sensi di colpa, l’emotività bloccata, la mania del controllo, le doppie punte ed anche.. a tratti.. le crisi depressive che sfoghi nella birra. Che bho. Può esse' pure. Ma adesso che ci penso in effetti quei soldi lì li potevo spendere in birre belghe doppio malto. Che con quelle parlo che è una meraviglia, ti racconto pure i sogni che facevo da bimbetta, quando sognavo di volare dentro un tendone pieno di gente. Che poi, con il senno di poi e con la consapevolezza dei miei 37 anni vi dirò che secondo me era un tendone dell’October fest. Bambina felice.

Insomma, dai, sto scherzando.. in realtà qualche giorno fa un’amica mi ha condiviso un post che parla del fatto che in un mondo malato sono le persone normali ad andare dallo psicologo, vi confesso che il post non l’ho letto, ma il titolo mi aveva già convinta. Anche perché in queste occasioni hai bisogno di dire a te stessa che sei normale, per non impazzire, che poi è una contraddizioni in termini.. tanto dallo psicologo già ci vai. Quindi forse meglio pensare che ci vai a ragion veduta. Insomma, che non sono soldi buttati via che potresti spendere in birra e viaggi. 

E sapete cosa vi dico, credo che la mia amica avesse ragione, arriva un momento della propria vita che mettere uno dietro l’altro tutti i tassellini che ti hanno resa ciò che sei è utile. E prezioso.

E arrivi finalmente a capire qual è la diagnosi. Chi sei. Perchè sei così. E che va bene. Va bene come sei.... e da lì tiri un sospirone di sollievo e capisci che tanto male non va.

Et voilà.