Tu sei lì che
cerchi di dormire. Buio. Notte.
Qualche rumore di
foglie nella campagna illuminata solo dalla luna. Il vento che fa frusciare gli
alberi di ciliegio carichi di frutta rossa e matura. Una cicala in lontananza.
Una macchina che accelera sulla bazzanese laggiù in fondo alla via, attutita
dal silenzio della campagna. Una luce di un lampione che trapela dalla finestra
socchiusa. Tu con gli occhi che si stanno socchiudendo mentre Adam (in TV) si
sta mangiando quello che sembra il panino più buono e più grasso di sempre
nella sua lotta di Man Versus Food sul canale 33. Il piccolo cucciolo d’uomo che
ronfa accanto a te, con le manine cicciottelle, appiccicose e irrimediabilmente
sporchine (anche se gliele ho sgurate mezz’ora – sì giuro – prima che chiamiate
i servizi sociali). Eccolo il sonno che arriva. I sogni belli. La quiete dopo
una giornata di lavoro e di faccende domestiche e famigliari. Quel momento di
serenità infinita in cui affondi le mani sotto la morbidezza del cuscino,
accarezzi le lenzuola fresche con i piedi nudi e pensi che finalmente un buon
sonno ristoratore attende il tuo corpo.
Ecco. Ci siete
fino a qui? Avete presente quel momento? Quell’attimo? Quell’unico momento
della giornata che vi riposate? Che finalmente vi abbandonate alla quiete che
precede il meritato sonno?
Ecco. Io ho
deciso di prendere un gatto. Un cucciolo di gatto di un mese e mezzo. Nero come
il carbone. Con gli occhi verdi come gli smeraldi grezzi. Completamente fuori
di testa.
Quindi rivediamo
un attimo la suddetta situazione.
Tu sei lì che
cerchi di dormire. Buio. Notte.
Qualche rumore ..
sempre più incalzante, lui il piccolo nuovo di casa sale le scale di quattro in
quattro come fosse una lepre in preda alla sindrome del bianconiglio. Poi si
sfionda sul letto. O almeno ci prova perché è lungo (o dovrei dire corto) circa
20 cm per cui deve saltare dieci volte prima di raggiungere il materasso alla
vertiginosa altezza di circa 50 cm, e ad ogni tentativo lo senti provare ad
aggrapparsi con quelle unghiette affilatissime che Miracle Blade può solo accompagnare
e già pensi a quanti vestiti dovrai rinunciare per ricomprare il letto
completamente distrutto dal gattino che hai voluto TU. Poi arriva sul letto, e nell’ordine salta
Paride con un balzo, ma una zampina gli resta impigliata nelle coperte e
strabuzza sulla testa del piccolo cucciolo d’uomo dormiente miagolando come un
forsennato in una piroetta aerea che Yuri Chechi spostati. Ed ecco che i rumori
diventano sia lui che smiagola che il cucciolo d’uomo che gnola per essere
stato svegliato. Poi finalmente prende bene le misure, e salta a piedi pari su
di te. Con entrambe le zampe anteriori tipo batterista di un concerto punk-rock
sotto acido. Cercando di capire se le unghiette le può usare o meno in questi
suoi tentativi di caccia-grossa-nella-savana-visto-che-credo-di-essere-una-pantera-nera.
Si allena a fare Baghera la piccola belva, con le mie mani, le mie gambe, i
miei piedi, e l’avambraccio come prede.. avete presente quella parte di braccio
liscia, morbida, soffice.. quella dove manco i peli ci crescono tanto è
delicata. Ecco. 5 unghiette come spilli conficcate nella carne. Con il pelo più
morbido di sempre, e con la cattiveria più terribile di sempre. E se lo
allontani miagola così. Maomaomaomaomaomaomaomaomaomao(all’infinito). Che sembra
Fedez in preda ad una canzone d’amore per la Ferragni. Stessa piacevole
melodia. Stesso ritmo incalzante. Stessa simpatica cantilena. Stesso sentimento
scaturito nell’ascoltatore “diotipregosmetti”.
Maomaomaomaomaomaomaomaomaomao
(all’infinito) in crescendo. Ok. Ok. Entra.
Ed eccolo
ripartire l’allenamento modi cross-fit della piccola pantera nera che tenta di compiere
l’agguato del secolo, con tanto di culetto all’insù e testa maldestramente mimetizzata
tra le lenzuola BIANCHE. Sei nero tu. Ti vedo. Un balzo ed ecco nuovamente 5
unghiette conficcate nella caviglia che lui pensa siano una gazzella in sud
africa. Maledizione. Io non dormo, non dormirò mai più.
A paride
stamattina ho detto “è fuori di testa Mazinga”… e lui con quella saggezza
serafica che può avere solo un bambino cresciuto a pane ed ironia mi ha
risposto “mamma, lo abbiamo chiamato Mazinga, lui prova a lanciare i raggi
fotonici..”
Niente. Hanno
ragione loro.
Io mi chiedo che
diamine mi è passato nell’anticamera del cervello quando ho deciso di prendere
un piccolo cucciolo di pantera. A cui abbiamo per lo più dato il nome del più
forte robot di tutti i tempi.
Quando in casa
già avevo un piccolo cucciolo d’uomo, con il nome del più temibile personaggio
epico. E già ne avevo avuto la prova, che il nome CONTA.
Biscottino lo
dovevo chiamare. O Fufi. Maledizione.
Ma niente, gente,
ben mi sta. Quando si suol dire “non imparare dai propri errori”. Un figlio di
nome Paride e un gatto di nome Mazinga. Cosa pensavo davvero? di ascoltare i
grilli la sera nella quiete che precede il sonno?
Poi però li
ritrovi così... e il tuo cuore si trasforma in un attimo in un
patè-di-pollo-e-tacchino-in-gelatina. ❤