03 luglio 2017

Godzilla

Occhi grandi, capelli lunghi, le ciglia flap-flap che lasciano poco scampo.
Non sono perfetta, ma nemmeno un po’, eppure è quello che mi è sempre stato richiesto.
Ottimi voti. Schiena dritta. Mangiare a bocca chiusa con gomiti stretti. Sorridi e saluta.
Ragazzi di buona famiglia. Amiche laureate. Diciottesimi di compleanno al Circolo Bononia con il vestito lungo di Armani.
Macchine con vetri oscurati. Casa al mare. Vacanze in America.

La perfezione è uno dei fardelli più dannatamente difficili che ti mettono sulle spalle da piccolina.
Devi essere quella brava a scuola, quella educata, quella elegante, quella sposata in Chiesa con bambini educati e vestiti bene.
Devi portare avanti questo impegno che hai preso con la vita senza battere ciglio, con impegno che nemmeno fossi l’amministratore delegato della Lamborghini.
La casa con le tendine in pizzo. Le bollicine alle cene importanti. Il vestito sartoriale. Il lavoro di pregio ma anche il tempo per occuparti della casa, dell’educazione di tuo figlio, l’inglese parlato quasi perfettamente.

E poi un giorno, in lacrime in un angolo di vita, ti rendi conto che perfetta tu non ci riesci più ad essere.  Che forse, davvero, non avresti mai voluto che nessuno te lo mettesse in spalla questo fardello.

Che vuoi mangiarti le unghie.
Vuoi avere i capelli spettinati, il trucco sbavato, bere birra fino a notte e dormire fuori casa.
Vuoi che tuo figlio si rotoli nella sabbia del cortile della scuola e ti abbracci sporcando il tuo vestitino di H&M da 7€. Bianco. Ed anche un po’ trasparente, che nessuno ha detto che devi per forza fare la suora di clausura.
Ridi a crepapelle in una panda puzzolente anche se non ha i vetri oscurati. Le vacanza invece che nell’hotel costoso ti andrebbe benissimo farle a Tavernelle nel soggiorno dell’amica più pazza che hai.
Che quella perfezione che con tutto il cuore hai perseguito per una vita sta soffocando la felicità, la libertà, l’Anna che c’è sotto.

L’Anna imperfetta.

Quella che mette i piedi sul cruscotto della macchina. Che odia il perbenismo, il qualunquismo, il bigottismo. Che crede che nella vita si possa e si debba cambiare idea ogni tanto. Altrimenti la testa ti puzza di chiuso.
Quella che trova che se il suo bimbo mangia con le mani e si sporca di maionese fino alla punta dei capelli, va bene così. Lo pulisco piluccandogli il ciuffo. E rido con lui a crepapelle.
Quella che va bene anche uscire la sera e fare le quattro del mattino con qualche cattiva compagnia. Che chi decide poi chi sono le cattive compagnie?
Quella che non si veste Armani e non saluta con cortesia la madre della sorella della zia della suocera. Che nemmeno sai chi diavolo sia.

L’Anna che non è sempre elegante, ed alle volte balla fino all’alba, sorridendo a chiunque incroci il suo sguardo che per fortuna sa non “ce l’ha” solo lei, e quindi non importa che se la tiri come se fosse Belen al Bilionarie.
Quella che a 36 anni non ha deciso che va sempre bene tutto, comunque, in ogni caso, senza lottare. Senza mettersi e mettere tutto in discussione. Solo perché non si fa.
Quella che i capelli lunghi e gli occhi grandi li ha comunque, anche se alle volte sono pieni di lacrime perché perfetta non riesce più ad esserlo.
Che si impegna perché il suo bimbo sia felice, più che elegante, che si impegna perché viva mille avventure piuttosto che sia ben educato a tavola. Che non gli frega proprio nulla che saluti la gente con la manina sporca di ciliegie, fin tanto che saprà arrampicarsi sugli alberi con il sorriso più bello del mondo, come un piccolo Tarzan. Finché guarderà me negli occhi dicendomi, la mattina alle 8, che mi vuole bene.

Che con le tendine di pizzo ci vorrei fare un tappeto volante per scappare via da tutti quelli che dentro casa provano a guardarmici dentro. E che il vestito sartoriale ad un certo punto prendo le forbici e lo taglio sopra il ginocchio, perché così si balla più liberamente.
Che l’inglese lo voglio parlare perfettamente per girare il mondo, non per essere un orgoglio per il papà, che alle volte mi scrive “cordialmente” alla fine di un messaggio email.
L’Anna che mangia con i piedi sulla sedia, accovacciata come una bambina, e spilucca dal piatto di chi ha accanto.E non saluta la gente per strada, e se ha qualcosa da dire a qualcuno lo fa guardandolo negli occhi fino all’ultima parola, non dietro ad un PC o sparlottando con altri.

Quell’Anna dei miracoli per cui mi sono presa sempre sberle da bambina, perché non si fa, perché dovevo essere sempre perfetta.
E poi ad un certo punto, presa dal peggior raptus che ti sia mai venuto nella vita, ti trasformi in Godzilla e provi con tutta la forza che hai in corpo a spaccare tutto.
Ma tutto tutto tutto. Che non sono perfetta, non lo sono mai stata e non lo voglio mai più essere.


Voglio essere Godzilla ed essere il più imperfetta possibile e lottare per la mia libertà, per quanto forte voi mi sparerete contro. O forse, più che Godzilla, voglio tornare ad essere l'Anna dei miracoli cieca e sorda al resto del mondo. Chiusa nel suo mondo imperfetto che vaga a tastoni di una vita al buio alla vana ricerca che qualcuno, dannazione, creda in lei nonostante la sua IMperfezione.